di Massimo Di Rienzo, Rete Rurale Nazionale - Task Force Leader
Le politiche di sviluppo locale sono state un importante strumento di propulsione territoriale e di contrapposizione alla crescente crisi economica e sociale. Le evidenze di quanto è stato fatto e realizzato spesso, però, sono state "barattate" con le evidenze dei processi di crescita "istituzionale" che le politiche stesse avrebbero attivato sui territori e nel rapporto tra Stati, Regioni ed Enti territoriali.
Questo ha portato, a nostro avviso, a conseguenze nefaste sul piano della comunicazione. Quando le politiche di sviluppo locale vengono attaccate si usa sempre lo stesso refrain, e, cioè, che non si vedono i risultati o che, comunque, non si coglie il valore aggiunto rispetto alla quantità di risorse umane e finanziarie investite. "Una tale montagna non può partorire il topolino della buona governance". Dalla parte avversa, invece, si è spesso sentito dire in questi anni che, nell'attesa (o nell'assenza) di evidenze di impatti positivi delle politiche di sviluppo sulle comunità locali, fosse giusto porre l'attenzione sugli avanzamenti in termini di processi, cioè di governance e di capacity building che queste politiche hanno attivato. "Le innovazioni in merito ai processi di governance orizzontali e verticali ed il miglioramento delle competenze delle professionalità che le politiche di sviluppo hanno prodotto apriranno la strada ad una nuova stagione nell'amministrazione pubblica locale".
Questo tema è quanto mai attuale anche per l'approccio Leader. In questi venti anni molto è stato fatto. Molto è cambiato. Tuttavia, uno dei limiti universalmente riconosciuti a Leader, in linea con quanto appena affermato, è quello di non saper dimostrare il suo valore aggiunto, l'efficacia nel rispondere ai bisogni della comunità rurale di riferimento. E questo vale a tutti i livelli. Non ci riesce la Comissione europea, come riportano le parole del Report della Corte dei Conti Europea: "La Commissione non ha ancora dimostrato l'efficacia o l'efficienza della spesa, né il valore aggiunto ottenuto seguendo l'approccio Leader". Non sembrano riuscirci nemmeno i GAL, seppure con situazioni molto differenziate. E' vero che i GAL sono particolarmente efficaci nelle azioni di animazione ed in fase di programmazione e di selezione delle operazioni producono il massimo dello sforzo. Non con altrettanta efficacia, tuttavia, i GAL si spendono nel momento di "rendere conto" dei risultati prodotti. Questo mina la fiducia nello stesso approccio e, conseguentemente, negli attori coinvolti, anche in questo caso, a tutti i livelli.
E' pur vero che rendere "trasparenti" i risultati delle politiche di sviluppo è forse l'attività più complessa con la quale ci si trovi a confrontarsi. Intanto le politiche di sviluppo locale hanno una prospettiva di medio-lungo periodo, che mal si concilia con le attese di brevissimo periodo della comunicazione politica. Inoltre, dal momento che tali politiche agiscono su variabili macro e micro-economiche su cui incidono molti altri fattori, è difficile ricollegare direttamente l'azione del GAL (o del sistema Leader nel suo complesso) ad un miglioramento delle condizioni di vita delle comunità locali.
In Italia, tuttavia, c'è soprattutto un problema di natura culturale che investe il settore pubblico come quello privato e che riguarda la qualità del controllo sociale affidato alla comunità nazionale e alle comunità locali. Si ha l'impressione, infatti, che pur nella piena trasparenza di risultati e processi, non vengano premiati i migliori, ma che ci si schieri per fazioni e tribù. Una deriva che non sembra appartenere ad altri paesi europei. In Inghilterra, ad esempio, che pure possiede una gloriosa tradizione nell'etica e nella trasparenza pubblica, è stata recentemente avviata una strategia di "Empowerment" dei cittadini nell'azione pubblica, tanto che "...i cittadini devono essere incoraggiati e rafforzati nella possibilità di dare forma ai servizi che ricevono" (UK Prime Minister's Cabinet Office, "Excellence and Fairness: achieving world class public services", 2008).
In questo panorama l'etica e la trasparenza dei soggetti pubblici o di chi gestisce risorse nell'interesse pubblico, perciò, devono muoversi di pari passo con il rafforzamento dei cittadini nella capacità di cooperare al raggiungimento dei risultati o, quanto meno, nel sapere interloquire ad un più alto livello con le amministrazioni sull'interpretazione dei risultati. Da una parte, quindi, occorre saper includere, dall'altra, occorre saper partecipare. Si fa strada nei Paesi occidentali, anche grazie alla rivoluzione tecnologica in atto, l'idea che la trasparenza sia qualcosa che abbia a che fare con la accessibilità piena alle informazioni sui risultati, oltre che con la conformità delle azioni alle regole. La metafora della casa di vetro sta lasciando il posto al paradigma dell'accessibilità totale.
Si parla oggi di "accessibilità totale", come obbligo, da parte delle amministrazioni pubbliche di fornire tutte le "...informazioni concernenti ogni aspetto dell'organizzazione, degli indicatori relativi agli andamenti gestionali all'utilizzo delle risorse per il perseguimento delle funzioni istituzionali, dei risultati dell'attività di misurazione e valutazione (...)" (articolo 11, comma 1 del Dlgs 150/2009). In questa accezione la trasparenza serve a "...favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità" (ibidem) e non a tutelare una posizione soggettiva di un titolare di interesse, azionabile davanti al giudice (diritto di accesso). Il concetto "evoluto" di trasparenza non è più o non è più soltanto il diritto di accesso ai documenti amministrativi ex legge 241/1990 o il conformarsi al paradigma del "rispetto delle regole" così come si evince dalla lettura dei regolamenti comunitari.
Il GAL, per dire la verità, non è un soggetto pubblico e quindi non è obbligato ad ottemperare in maniera diretta alla nuova normativa nazionale in materia di trasparenza (cfr. la cosiddetta "Riforma Brunetta"). E' soggetto agli obblighi derivanti dai regolamenti comunitari, che, però, si sostanziano in procedure di evidenza pubblica ed obblighi di comunicazione che non coprono l'intero spettro del concetto di trasparenza, almeno per come sta evolvendo negli ultimi anni. Il GAL, comunque, gestisce risorse pubbliche e persegue finalità intrinsecamente pubbliche, sia pure con forme giuridiche di diritto privato. Dal punto di vista "etico", perciò, in capo al GAL si individua una serie di "responsabilità" tra cui, appunto, il rendere conto dei risultati e, specularmente, in capo ad altri soggetti (cittadini, partenariato socio-economico, organi comunitari, ecc.) una serie di fabbisogni di "rendicontazione" (intesa nel senso di "dare evidenza del proprio operato").
Come ci ricorda Lord Moulton, infatti, "l'etica è l'obbedienza verso ciò che non ci è richiesto per legge". Anche se i contorni normativi, come nel caso specifico della recente riforma della pubblica amministrazione italiana, sono spesso sfumati, è "doveroso", è "etico" che il GAL persegua con forza la strada della rendicontazione dei risultati.
Dalla definizione evoluta del concetto di trasparenza come accessibilità totale se ne ricavano due profili, entrambi innovativi (cfr. Delibera CiVIT n. 105/2010, pag.5): "...un profilo "statico", consistente essenzialmente nella pubblicità di categorie di dati attinenti alle pubbliche amministrazioni per finalità di controllo sociale. Il profilo "dinamico" della trasparenza è invece direttamente correlato alla performance. La pubblicità dei dati inerenti all'organizzazione e all'erogazione dei servizi al pubblico, infatti, si inserisce strumentalmente nell'ottica di fondo del 'miglioramento continuo' dei servizi pubblici, connaturato al ciclo della performance anche grazie al necessario apporto partecipativo dei portatori di interesse (stakeholder)".
Se trasferiamo questo nuovo modo di concepire la trasparenza al mondo Leader, osserveremo come il GAL si trovi di fronte ad una duplice sfida. La prima è quella di rendere nota una serie di informazioni legate all'organizzazione, in linea con quanto le pubbliche amministrazioni stanno pubblicando sui propri siti (sezione "Trasparenza, valutazione e merito") e, cioè, l'organigramma, la mappa dei servizi, tutti i dati relativi alle risorse utilizzate nell'espletamento delle proprie attività: curricula, retribuzioni ed altri dati relativi al personale, tassi di assenza, ecc... La seconda sfida è rappresentata dalla capacità nel rendicontare la performance e, cioè, il contributo che l'organizzazione GAL, apporta attraverso la propria azione al raggiungimento delle finalità e degli obiettivi che si è proposta nel Piano di Sviluppo Locale ed, in ultima istanza, alla soddisfazione dei bisogni per i quali l'organizzazione stessa è stata costituita. Il secondo profilo, ovviamente, è quello che ci interessa maggiormente, anche perché incide in maniera determinante sul problema che abbiamo evidenziato all'inizio di questo contributo. A questo proposito la dottrina ha elaborato una serie di interessanti "distinguo" che vale la pena riportare anche per meglio comprendere le implicazioni operative del nuovo concetto di trasparenza.
Secondo Heald (Heald, D.A., 2006, "Varieties of transparency") esistono distinizioni significative nelle modalità attraverso cui si può agire in trasparenza. Ad esempio una classica distinzione è tra trasparenza "a posteriori" e trasparenza in "real time". Nel primo caso, afferma Heald, la finestra della rendicontazione è aperta ad intervalli temporali prestabiliti. Una organizzazione rilascia un set di informazioni relative alla sua performance e i dati si consolidano, di norma, in documenti (ad esempio il bilancio sociale o qualsiasi altro report). Nel secondo caso, invece, la finestra della rendicontazione è sempre aperta. La sorveglianza (il controllo sociale) è continua. Questi sono i casi in cui la performance è sempre monitorabile, ad esempio sul sito dell'organizzazione. Questi sono i casi, peraltro, dove i sistemi informativi giocano un ruolo fondamentale nel fornire dati in tempo reale sulla performance.
Per fare un esempio, immaginate un servizio di georeferenzazione sulle iniziative attive sul territorio finanziate dal GAL, compreso di stato di avanzamento finanziario, eventi di animazione programmati, bandi eventualmente aperti e analisi della soddisfazione dei destinatari diretti e indiretti. Dal punto di vista tecnico non è nulla di trascendentale, visto che si può realizzare a costo zero con Google Maps.
Una seconda distinzione riguarda la trasparenza del singolo evento in contrapposizione alla trasparenza del processo. Per trasparenza del singolo evento si intende fornire visibilità ad un input o ad un output, inteso come singolo evento interdipendente dal processo. Si pensi alla pubblicazione di un bando o alla pubblicazione del PSL, oppure alla inaugurazione di un servizio finanziato da risorse Leader. Per trasparenza del processo, invece, si intende la visibilità della modalità attraverso cui si perviene ad un determinato risultato. Nel caso del GAL è alquanto scontato che la trasparenza del processo, oltre che quella dell'evento, debba essere con forza perseguita, vista la natura partenariale della sua struttura organizzativa ed il fatto che il GAL incorpori una governance interna piuttosto complessa, pubblico-privata, che, se non sorvegliata, può dar luogo a sistemi collusivi di gestione spartitoria delle risorse. Un ottimo esempio di trasparenza del processo è fornita dal GAL Marghine in territorio sardo in cui, oltre alla definizione e condivisione delle regole di funzionamento dei tavoli tematici, esiste una fittissima rete di reportistica (verbali di assemblee), comunicazione interna (mail, sms) ed esterna (verbali delle riunioni su web) che ha lo scopo di facilitare la partecipazione degli associati alla elaborazione e realizzazione delle strategie del PSL e favorisce il coinvolgimento di ulteriori portatori di interesse anche non soci del GAL. Della serie: non abbassare mai la guardia!
Per concludere, l'attività di rendicontazione dei risultati, come si può vedere, è complessa ed ha bisogno di un investimento considerevole da parte del GAL che, invece, a livello di struttura organizzativa spesso si trovano a non riuscire a sostenere nemmeno le attività tradizionali. In questi casi la titolarità dell'iniziativa potrebbe essere validamente assunta dall'amministrazione regionale, che, dal punto di vista della "responsabilità" condivide con i GAL la scommessa ed il "commitment" (l'impegno pubblico) sui risultati stessi, avendo inserito l'approccio Leader all'interno del PSR e, quindi, al massimo livello strategico della politica regionale. Attualmente le Regioni gestiscono una reportistica sullo stato di avanzamento finanziario. Si collocano, quindi, nel solco della trasparenza "a posteriori" non tanto dei risultati, e quindi dell'efficacia dell'azione, quanto invece della spesa, e quindi dell'efficienza dell'azione. Si tratta di fare un vero e proprio "salto di qualità".