L'area delle policolture agricole si estende per 2038 ha nella zona di Colfiorito, nei comuni di Foligno, Nocera Umbra, e Serravalle di Chienti. La significatività dell'area è dovuta alla presenza di un paesaggio affascinante che si caratterizza per la persistenza delle policolture agricole e foraggere dalle lontane origini storiche, condotte su degli altipiani, detti Plestini, inseriti in una zona prevalentemente montana, e che rispecchia fedelmente la storia delle civiltà agricolo-pastorali dell'Appennino. Il paesaggio agrario si caratterizza, oltre che per le coltivazioni tradizionali dei cereali e dei foraggi, soprattutto per quelle delle lenticchie e delle patate rosse. I piani di Annifo, Arvello e Ricciano, più simili tra loro, ospitano alberi isolati o siepi sui bordi, e sono segnati dalla presenza di alberature continue e lineari. L'assenza di recinzioni, muretti e siepi fra i vari appezzamenti, a causa delle originarie utilizzazioni collettive dei suoli, fornisce un particolarissimo paesaggio a campi aperti. Il paesaggio continua a mantenere una elevata integrità, anche se recentemente si sono avuti cambiamenti negli ordinamenti colturali. La riduzione delle coltivazioni tradizionali della zona, per la marginalità economica di tali produzioni sui mercati, ha prodotto una riconversione dei terreni migliori, all'interno dei quali sono state potenziate coltivazioni per i mercati locali e/o specialistici. La coltivazione della lenticchia, in particolare, consente di ottenere un prodotto con caratteristiche organolettiche particolari che lo rendono appetito e richiesto sul mercato. Il settore principale dell'economia agricola rimane comunque quello zootecnico. La vulnerabilità del paesaggio storico è dovuta prevalentemente al rischio di abbandono delle attività agricole tradizionali.
Le coltivazioni di farro di Monteleone di Spoleto si trovano nell'omonimo comune e si estendono per 1696 ha. La significatività dell'area risiede nella persistenza storica di una coltura tradizionale come quella del farro, risalente all'epoca romana, la quale contribuisce senza dubbio a connotare la comunità locale e il suo paesaggio. Il diserbo chimico non è mai stato praticato, la pianta è lasciata crescere secondo i canoni dell'agricoltura biologica. Oltre al farro, alberi da frutta come mandorli e noci si alternano alle colture erbacee e leguminose da granella (fagioli, ceci, fave e cicerchie). Vista la natura montuosa e collinare, il territorio è da sempre particolarmente adatto alla zootecnia, alla quale si dedica parte della popolazione. L'integrità del paesaggio delle colture di farro si mantiene buona e anzi, dopo una leggera inflessione, si è registrato un nuovo aumento. La zona coltivabile è ancora suddivisa mediante l'uso di siepi e alberi, senza recinzioni. In ripresa è anche la pastorizia, che ha visto notevolmente incrementare i capi di ovini. La vulnerabilità del paesaggio di Monteleone è dovuta all'elevata età media degli addetti al settore, e quindi al concreto rischio dell'abbandono dei campi. Nonostante la presenza di aziende biologiche forte è il rischio che l'agricoltura intensiva prenda il sopravvento nella zona.
Il paesaggio agricolo storico delle colline di Montefalco si estende per 1195 ha, attorno all'abitato stesso. La significatività dell'area risiede nella persistenza storica di un paesaggio caratterizzato da un mosaico agro-forestale complesso e a elevata parcellizzazione che ha caratterizzato l'area, seppur in forme non sempre uguali, per diversi secoli. Al margine dei boschi gli uliveti ritagliano appezzamenti regolari ma discontinui, espandendosi in corrispondenza dei centri abitati, mentre nella collina coltivata si notano superfici rimboschite con il ciliegio. A nord, sulle colline che degradano verso la Valle Umbra, nella zona di Montefalco, la presenza del vigneto si fa più intensa. Oggi nei vigneti locali è coltivato uno dei più preziosi vitigni d'Italia: il Sagrantino, con il quale si producono diversi vini DOC (Colli Martani) e DOCG (Montefalco Sagrantino) nelle tipologie secco e passito. Il paesaggio delle colline di Montefalco si mantiene oggi per gran parte integro, essendo ancora rappresentato da un mosaico variegato di colture. In corrispondenza dei centri di poggio come Montefalco, circondati dai loro oliveti storici, nuove superfici a vigneto specializzato hanno però conquistato spazi sempre più estesi sui versanti collinari. La minaccia principale per il paesaggio locale, caratterizzato da un'ampia varietà di ordinamenti colturali, è la tendenza alla semplificazione. Questo avviene soprattutto attraverso l'intensivizzazione dei vigneti, mentre gli olivi si trovano tutt'oggi in sesti di impianto tradizionali.
Inseriti nel versante tirrenico dei Monti Sibillini a un'altezza di 1350 m s.l.m., i Piani di Castelluccio, nel comune di Norcia e Castelsantangelo sul Nera, si estendono per 1807 ha. La significatività dell'area è legata alla combinazione di un affascinante scenario costituito dai rilievi montuosi e dalla persistenza secolare delle distese coltivabili e delle vaste zone di pascolo. I piani risultano biffati da un capo all'altro e ripartiti in quarti, cinquine e decine, esito della suddivisione operata nel 1346, che interessò tutti i terreni, tranne la bandita e la fida, una parte pascoliva su cui continuò a esercitarsi l'usufrutto comune. Vista l'originaria utilizzazione collettiva, il paesaggio agrario si configura in un suggestivo sistema a campi aperti. La zona si caratterizza per la coltivazione della lenticchia, dichiarata nel 1999 a Indicazione Geografica Protetta. Tutto il Piano Grande ma, in particolare, la zona attorno ai Mèrgani, è testimone di un fenomeno di grande bellezza legato alla fioritura delle lenticchie (fiorita). Nonostante la forte crisi della pastorizia e dell'allevamento, che ha determinato il progressivo spopolamento dell'area, molti pastori continuano a praticare la transumanza. Il paesaggio locale si presenta integro.
Il paesaggio delle policolture agricole dei Poggi di Baschi, nei comuni di Baschi e di Montecchio, si estende per 2627 ha. I Poggi costituiscono un frammento significativo del "bel paesaggio" umbro originatosi nel corso dei secoli per l'opera dell'uomo, dominato dall'agricoltura collinare, in cui si alternano coltivazioni erbacee, seminativi e macchie. La zona si contraddistingue per l'antico insediamento della coltura della vite e dell'ulivo e per la presenza di vecchi insediamenti rurali. Nella zona ad aree più vocate ai seminativi (colture estensive di grano, girasoli e foraggere) si alternano soprattutto viti e ulivi, ma anche alberi da frutto e ortaggi. L'integrità del paesaggio dei Poggi si mantiene elevata, grazie anche ad alcune iniziative che hanno saputo mantenere la continuità delle attività agricole. Finché l'attuale sistema del lavoro agricolo sopravvivrà, e finché gli operatori più vecchi potranno far pesare il proprio attaccamento alla terra, il paesaggio tradizionale dei Poggi di Baschi non sembra incontrare un'alta vulnerabilità. Ma in mancanza di tali condizioni inizierà, ed è già iniziata, l'avanzata del "paesaggio dell'abbandono", con l'avanzata del bosco sui terreni marginali non più coltivati.
L'area attorno alla Rupe di Orvieto che meglio conserva il paesaggio storico si estende per circa 679 ha attorno al centro cittadino. La significatività della rupe di Orvieto è data dalla persistenza storica di colture agricole di elevata qualità che insieme alla particolare morfologia del luogo creano un paesaggio unico di grande valenza estetica. Il paesaggio agrario è improntato alla diffusa presenza di vigneti, da cui si producono generosi vini di ottima qualità, oliveti e colture orticole tradizionali, tutti in appezzamenti di ridotte dimensioni. L'area è particolarmente significativa per l'armonia con cui il paesaggio agrario si è sviluppato e caratterizzato, ma anche per come è riuscito a mantenersi omogeneo nonostante la stretta contiguità con un centro urbano così importante. In un contesto come quello esaminato la produzione di vini di qualità, se da un lato scongiura in parte l'abbandono, dall'altro può causare un'eccessiva intensivizzazione agricola che compromette l'integrità. Nei terreni della Rupe di Orvieto ciò non sembra essere accaduto. L'olivicoltura si è mantenuta stabile, non necessitando di un fabbisogno lavorativo continuo, che facilita la diffusione del part-time lavorativo per la raccolta delle olive. Negli orti si sono inoltre mantenute coltivazioni ortofrutticole tradizionali, soprattutto in quelle di più modeste estensioni. Per quanto riguarda la vulnerabilità la maggiore minaccia per il paesaggio tradizionale della Rupe di Orvieto, è rappresentata da fenomeni di erosione, che si manifestano più frequentemente nelle aree dove è venuto a mancare l'utilizzo agricolo dei terreni.
L'area maggiormente rappresentativa degli uliveti gradonati umbri è quella tra Spello e Spoleto, che occupa una superficie di 2286 ha, e ricade nei territori comunali di Trevi, Spoleto Spello e Assisi. La significatività dell'area risiede nella persistenza storica di una coltura tipica dell'Umbria, che ha fortemente caratterizzato per molti secoli l'intero paesaggio regionale, anche grazie all'opera di rimodellamento dei versanti. La dorsale Assisi-Spoleto rappresenta una delle più vocate aree regionali per la coltivazione dell'olivo, che domina il paesaggio con una fascia continua che è andata avanzando verso l'alto a spese del bosco, distanziandosi dal fondovalle. Sui pendii più ripidi la sua presenza è stata permessa da sistemazioni realizzate attorno agli alberi in una disposizione irregolare. La classica sistemazione a ciglioni è talvolta sostituita, specialmente nelle zone a pendenza più elevata, dai terrazzamenti e dalle lunette. Gli oliveti gradonati si presentano oggi in buono stato, sia per il mantenimento del sesto d'impianto irregolare, sia per la conservazione di piante secolari. La vulnerabilità degli oliveti è dovuta al rischio, in parte già verificatosi, di radicali trasformazioni a causa dell'agricoltura industriale e dell'abbandono delle aree marginali.