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Trentino Alto Adige


1. Prati e pascoli arborati di Salten

L'area riguarda una zona sommitale dell'altopiano del Monzoccolo, estesa per circa 2278 ha, posta nei territori comunali di San Genesio Atesino, Meltina e Verano. La significatività dell'area è legata non solo al fatto di trovarci in quello che viene considerato uno dei più grandi prati di larici d'Europa, un paesaggio in netto regresso in tutte le Alpi, ma anche alla sua persistenza storica, abbinata alla grande panoramicità del sito da cui si ammirano le Dolomiti. Il toponimo Salten deriva dal latino saltus, con il quale si indicava un paesaggio misto fatto di pascoli, alberi sparsi e bosco. L'alternarsi di prati e pascoli alberati, caratterizzati dai larici radi, di aree boschive e di prati da sfalcio crea un affascinante susseguirsi di paesaggi. Altra caratteristica interessante della zona è la grande diffusione dei cavalli Avelignesi, o Haflinger, frutto di incroci fra piccoli cavalli di montagna e razze più pesanti realizzati nell'Ottocento. L'integrità del paesaggio locale si presenta ancora molto elevata. Le regolari attività di sfalcio dei prati e la presenza di bestiame pascolante assicurano la conservazione della struttura del pascolo e del prato arborato. All'interno di questa zona devono essere messe in evidenza alcune tipologie edificali di particolare interesse come i fienili con tetto di paglia e alcuni mulini, suggestivi esempi di architettura rurale locale. Circa la vulnerabilità, i prati pascoli alberati sono minacciati da due tendenze opposte, ma ugualmente pericolose. Da una parte i profitti non sempre soddisfacenti degli agricoltori spingono alcuni di essi ad abbandonare l'attività contadina, esponendo i prati alla conseguente invasione da parte della vegetazione boschiva. Dall'altra la volontà di meccanizzare sempre più i processi agricoli, crea una mentalità che vede nell'albero un ostacolo fastidioso da eliminare.

 

2. Vigneti terrazzati di Santa Maddalena

L'area comprende i vigneti terrazzati posti in tre zone distinte, estesi complessivamente per circa 523 ha, e ricadenti nel territorio comunale di Bolzano, attorno al piccolo borgo di Santa Maddalena, con alcune propaggini nel territorio del comune di Renon. Le terrazze ripide e soleggiate sono il cuore della coltura di vitigni autoctoni (uva Schiava e Lagrein) che da sempre sono annoverati fra i migliori dell'Alto Adige e che hanno dato origine all'area a DOC Santa Maddalena. Qui, nel Medioevo, hanno avuto origine i tanto apprezzati Botzner Weine (i vini bolzanini), che oggi possono fregiarsi del marchio di denominazione "classico". Per quanto riguarda l'integrità, il paesaggio rurale dei pendii a specializzazione viticola è ancora contraddistinto da un intreccio di superfici coltivate, con le loro specifiche architetture d'impianto, con elementi di diversità paesaggistica, quali siepi divisorie, prati, filari o singoli alberi da frutto, piante erbacee sotto le pergole o sui muri a secco, autentiche nicchie di una preziosa biodiversità animale e vegetale, infrastrutture rurali storiche e monumenti. Fortunatamente vi è una trascurabile tendenza all'intensificazione colturale, poiché la disposizione dei vigneti su terrazzamenti non favorisce l'accorpamento delle superfici.

 

3. Abetine della Val Cadino

L'area comprende un'ampia porzione estesa per 2400 ha delle foreste della Val Cadino, una delle valli laterali del torrente Avisio, nei comuni di Valfloriana, Castello-Molina di Fiemme e Cavalese. La significatività dell'area è legata alla persistenza storica di un paesaggio modellato nel corso dei secoli da forme di gestione legate alla proprietà comunitaria, rivolte alla produzione di legname da costruzione e da opera, comprendente anche manufatti per il trasporto del legname e segherie ad acqua per la sua lavorazione. Se nella Val di Fiemme predomina soprattutto l'abete rosso, in Val Cadino vi è invece un'importante presenza di abete bianco. Una particolarità che distingue la gestione dei boschi locali è l'impiego del taglio raso, localmente chiamato "taglio a fratta", un termine di derivazione latina che indica una tecnica selvicolturale attraverso la quale si eliminano tutte le piante presenti nella porzione di bosco sottoposta al taglio, portando alla formazione di boschi a struttura coetanea. Per una più efficiente gestione del bosco fu sviluppato un sistema di trasporto tramite risine e cave, cioè canali in legno o pietra, costruiti lungo le pendici montuose per consentire il trasporto dei tronchi durante l'inverno grazie al ghiaccio e alla neve. Assieme alle cave erano presenti anche le stue, sbarramenti temporanei posti lungo i torrenti per accumulare grandi quantità di acqua che una volta rilasciata spingeva a valle i tronchi per chilometri. La valle rappresenta uno degli esempi più significativi di paesaggio forestale modellato per la produzione di legname da costruzione, fortemente connotativo della storia e della cultura locale. Il paesaggio della valle è ancora sufficientemente integro nelle sue componenti boscate, vista la continuità delle utilizzazioni forestali per la produzione di legname, ed è ancora forte all'interno della valle e della Magnifica comunità l'attaccamento alle proprie radici culturali. La vulnerabilità dell'area è legata alla ridotta importanza della produzione legnosa rispetto al passato e alla estraneità dei manufatti storici rispetto alle tecniche di esbosco e trasporto attuali, incentrate sulla meccanizzazione delle varie fasi di lavorazione.

 

4. Vigneti terrazzati della Val di Cembra

L'area dei vigneti della Val di Cembra si estende per 1289 ha, nei comuni di Lavis, Cembra, Lisignago, Giovo e Trento. La significatività risiede nella presenza di un paesaggio fortemente caratterizzato dalla coltura della vite, retaggio della civiltà retica, che da secoli è legata all'opera di rimodellamento dei versanti da parte dell'uomo. I terrazzamenti a vigneto, per lo più girapoggio sostenuti da muri a secco, sono la caratteristica paesaggistica più significativa della valle. La vite viene coltivata principalmente secondo il tradizionale sistema a pergola trentina, che consiste nell'innalzare il tronco sino all'altezza di 1,3-1,5 m e successivamente orientare i capi a frutto in maniera obliqua rispetto al piano e trasversale alla direzione del filare. Si forma in questo modo un sistema di tetti leggermente spioventi verso monte e concatenati tra loro. La viticoltura della valle origina oggi profumatissimi vini tra i quali spiccano per le loro caratteristiche il Müller Thurgau, la Schiava, il Nosiola, il Pinot nero e lo Chardonnay, che danno origine a vini di qualità riconosciuti dal marchio DOC. Il paesaggio della viticoltura storica della Val di Cembra si mantiene integro e parte del merito della conservazione del paesaggio è dovuto al fatto che si producono vini di elevata qualità, con un mercato non solo locale. Inoltre l'elevata pendenza non permette una diffusa meccanizzazione delle operazioni colturali. La minaccia principale per i vigneti della Val di Cembra è data dalla possibilità che le ricorrenti crisi economiche della viticoltura possano portare ad accentuare la produzione del porfido dalle vicine cave.