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Forum Forum - Api

Discussione: miglioramento genetico api

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Autore Messaggio
Giulano Stracci

Venerdì 24/04/09 13:42

Re: miglioramento genetico api

Caro Sandro Fé, ci siamo già conosciuti personalmente, mi sembri una persona intelligente e quindi ti risponderò con il sorriso, visto che sono molto consapevole del lavoro che ho svolto negli ultimi 11 anni, della fatica che mi è costato e del coraggio che c'è voluto per impelagarsi in totale solitudine in una simile impresa.

Premetto che l'ape con la genetica dell'uomo ragno è sempre esistita, fino a quando l'uomo non ha deciso di fare selezione di testa sua sovvertendo tutte le regole fondamentali della selezione naturale, regole che conoscono tutti gli zoologi, ma che misteriosamente non attecchiscono nel cuore e nella testa degli apicoltori.
Vedi, il fatto che la storia dell'ape sia veramente così lo dimostra il fatto che l'ape è esistita per milioni di anni senza problemi finché non siamo intervenuti noi. Nel passato il Padreterno non si è mai curato di far piovere dal cielo antibiotici, acaricidi, fungicidi e farmaci antivirali; così chi doveva morire è sempre morto, ma chi è sopravvissuto ha trasmesso i suoi caratteri genetici alla discendenza, per cui ad ogni nuova falcidia, causata da nuove calamità e patologie, sopravviveva un piccolo nucleo di famiglie che aveva già in se i caratteri di resistenza alle patologie superate in passato, ed alla quale si aggiungeva la resistenza manifestata da quel piccolo nucleo di sopravvissuti all'ultima calamità; così nel patrimonio genetico delle specie viventi si sono sempre sommate resistenze su resistenze.
Ora noi non possiamo ritornare al passato andando a depredare le api nei boschi come facevano i nostri antenati, operiamo con l'apicoltura razionale, ma questa deve essere veramente tale per sopravvivere e quindi il lavoro che faceva la selezione naturale sulle api selvatiche, oggi la deve fare il selezionatore sulle fattrici da destinarsi alla produzione di regine. Questo è quello che faccio da 11 anni fa a questa parte e che cerco di trasmettere come metodica.
Forse se tu avessi letto bene la mia pubblicazione del 2007 non avresti fatto la tua domanda provocatoria.
Comunque sono talmente sicuro della bontà del lavoro che ho svolto e che sto svolgendo, che le vostre critiche mi fanno solo divertire, l'unica cosa che posso consigliare a chi critica senza sapere di cosa si sta parlando, è che gli consiglierei di provare prima di giudicare e poi si dimostrerebbe di avere una maggiore levatura Spirituale se qualche volta si accogliesse a braccia aperte chi porta del bene alla collettività invece di attaccarlo come spesso si fa.
Di questo comunque non ne ho bisogno, ho le spalle sufficientemente robuste per poterne fare a meno, più che altro la magnanimità serve a chi ha una certa inclinazione verso la scorrettezza.

Cordiali saluti
Giuliano Stracci

Sandro Fe'

Lunedì 27/04/09 23:42

Re: miglioramento genetico api

Caro Giuliano, se mai una provocazione possa avere una sua funzione, questa può essere ben rappresentata dalla opportunità di chiarimento che si crea tra chi la fa e chi la subisce. La questione è ampia e complessa e certamente merita un approfondimento su di altro piano, che non su una piattaforma informatica siffatta.
In natura vige un principio verso il quale tendono tutti gli esseri viventi e che può essere ben rappresentato entro il concetto della "perpetuazione della specie".
Dunque, senza voler entrare nel merito specifico e scientifico che può essere ben trattato da autorevoli genetisti che sono qui intervenuti e non certo da me, e poniamo l'esempio di un apiario di 100 arnie, sul quale non siano stati effettuati trattamenti, ed al termine di una stagione apistica 1 sola arnia risulta essere sopravvissuta.
Credo che un'ipotesi di tale tipo sia abbasta prossima al vero, nel senso che può ragionevolmente realizzarsi in molte situazioni.
Dal punto di vista della gestione economica di un'azienda apistica questo rappresenta un disastro, un fallimento.
Invero dal punto di vista della selezione naturale è stato pienamente raggiunto l'obiettivo della sopravvivenza della specie, e nel caso di specifico, cioè una famiglia di api, si è garantita per l'anno successivo anche la possibilità di moltiplicazione della specie stessa.
Quindi cambia molto il senso che possiamo dare alle cose in funzione del punto di vista da cui le guardiamo.
In natura non è previsto che in un determinato ambito territoriale vi siano migliaia di api. La "migrazione" temporanea di altrettante migliaia di api attraverso un atto dell'uomo, il nomadismo, che in un determinato e limitato periodo si concentrano in un ambito terrritoriale, non è previsto in natura....
Far produrre in un anno 500 gr. di pappa reale ad una famiglia di api...non è previsto in natura...
La sostituzione annuale della regina non è prevista in nessun codice genetico di nessuna ape.....
Così come i pareggiamenti, le riunioni che tutti facciamo a primavera non sono previsti dalle api, che anzi tendono all'opposto! tendono a dividersi, a sciamare!!Non a riunirsi!
Se la natura tende alla perpetuazione della specie una volta assolta tale funzione "Lei" è apposto! Mentre l'apicoltore no! anzi! !
Talvolta sembra che ci siano due forze che si contrappongono: una naturale, l'altra umana!

Insomma è la zootecnia, anche nelle sue forme più nobili e vicine alla condizione naturale, come l'allevamento apistico, che per prima si pone in assoluto contrasto con il modello naturale.
Ogni selezione genetica naturale non arriverà mai a salvare tutte quelle 100 arnie che abbiamo preso ad esempio, proprio perchè in natura non è prevista la presenza di siffatto numero di api entro un ambito ristretto di spazio così come spesso vengono tenute le api stesse.
Parlare di RESISTENZA vuol dire che le api sono "immuni" dall'agente patogeno. Che se anche "infettate" non svilupperanno la malattia.
Nel caso di specie addirittura si ipotizza una "resistenza" a malattie di natura diversa, malattie parassitarie e non parassitaria.
Si parla di "resistenza", indifferentemente da Virus e da Battteri.....
In natura non esiste nessun essere vivente con simili caratteristiche.
Un'ape siffata a mio parere è quanto di più lontano ci possa essere dalla condizione naturale, tanto da poter essere vera solo in uno scenario scientifico in cui l'ape venga modificata geneticamente o nelle fantasie di un personaggio fantastico come l'Uomo Ragno.
Parlare di migliorameno genetico, cercando di selezionare un'ape entro la quale fissare determinati caratteri di "rusticità" che si avvicinino quanto più alla condizione naturale, è un'ipotesi realizzabile. Parlare di resistenza è tutt'altro affare.
Non voglio discreditare il lavoro di nessuno, tanto meno il tuo Giuliano, ma che mi sia concessa la facoltà di insinuare il dubbio, questo SI!

Giuliano Stracci

Martedì 28/04/09 13:35

Re: miglioramento genetico api

Ciao Sandro, accetto il tuo dubbio in materia di resistenza e quindi mi spiego meglio su cosa intendo per resistenza.
Nell'apiario su cui sto lavorando dal 1998 ho lasciato sviluppare tutte le note patologie dell'ape ogni volta che si sono manifestate, così come è normale che ciclicamente avvenga in un ambiente sovraffollato di colonie. Pertanto ho visto sviluppare una dopo l'altra, o contemporaneamente più volte sulle stesse arnie e sui soliti favi, tutte le patologie che tu hai ricopiato a ricalco dalla pubblicità.
Ci tengo a precisare che gli unici materiali che ho sostituito nel tempo, sono state le poche arnie che si sono sbriciolate perché ormai troppo vecchie, i favi che per l'età che avevano venivano rifiutati e rosicchiati dalle api, ed i favi che contenevano le ben note scaglie lasciate dalla peste americana, vera e propria fonte di proliferazione di spore. Tutto il rimanente materiale che non rientrava nella tipologia sopra descritta è sempre stato salvato per riutilizzarlo in nuovi nuclei, senza passare alla fiamma le casse che avevano ospitato nuclei successivamente morti di peste e salvando anche gli stessi favi che provenivano da quelle famiglie, purché non avessero residui di larve appestate (nei favi riutilizzati vi era e vi è comunque un alto numero di spore). Successivamente ho sempre sempre inserito, su tale materiale, una nuova regina da mettere in prova, figlia delle poche sopravvissute che rimanevano da un simile trattamento. In sostanza solo le regine che hanno dimostrato di sopravvivere a tutto questo massacro, preceduto tra l'altro da un lavoro di infezione dei cupolini sui quali faccio i traslarvi per ricavare le discendenti.
Così per quanto riguarda le patologie causate da microrganismi, per 8 anni ho visto morire api per tutte le patologie note, e da tre anni non subisco più questo tipo di perdite, anche se, come ho già detto al Dott. Dall'Olio, all'interno di popolazioni che ancora sono eterozigoti, possono esserci degli individui che non sono resistenti ad alcuna patologia, ma quello che conta è la colonia nel suo insieme, che quando supera una certa soglia di resistenza non manifesta le patologie. Stiamo parlando comunque di condizioni reali, se dovessimo irrorare tali colonie con "secchiate" di virus e spore forse tali resistenze non si manifesterebbero, ma questa è un'ipotesi che non si verifica di certo in natura e neanche in qualsiasi apiario. Per quanto riguarda la resistenza alla varroa, come ho già detto a Dall'Olio, attualmente da una fattrice resistente riesco ad ottenere ogni anno dal 3 al 5% di regine discendenti resistenti come la madre , mentre per le altre regine si può parlare di tolleranza più o meno accentuata, il che vuol dire che hanno una risposta ai trattamenti acaricidi superiore alla media. Tutto questo ci conferma che per la resistenza alla varroa sono implicati più geni che per la resistenza ai microrganismi, e quindi è più difficle fissarli tutti sui rispettivi alleli.
Riguardo alle condizioni di vita naturale dell'ape, noi non sappiamo più quale fossero queste condizioni anche soltanto 200 anni fa, quando esistevano ancora zone con migliaia di ettari di bosco con molti alberi secolari, dove erano presenti numerose cavità naturali dove nidificavano le api. Ebbene un simile ambiente, vista la disponibilità di "alloggi" e visto il raggio di azione delle api, doveva essere una condizione molto simile a quella di un apiario moderno, dove le possibilità di trasmissione di patologie e parassiti sono la regola.
Ebbene anche soltanto 100 ani fa, ed a maggior ragione centinaia o migliaia di anni fa, le patologie esistevano e si diffondevano come oggi, ma erano soltanto le colonie sopravvissute a produrre i fuchi per tutte, ed è grazie a questa realtà passata che l'ape è sopravvissuta per milioni di anni, senza alcun aiuto umano, ed ha in un certo senso accumulato nei suoi cromosomi la robustezza dell'uomo ragno.
Il meccanismo si è incrinato quando per necessità/miraggio, abbiamo iniziato a selezionare api produttive e docili, dimenticandoci delle loro patologie; così facendo i fuchi delle colonie allevate, che ormai da molti anni sono la maggioranza, hanno indebolito tutta la specie, comprese le poche colonie sopravvissute allo stato selvatico.
Oggigiorno abbiamo la possibilità di riprodurre il meccanismo della selezione naturale, tramite la selezione delle fattrici, come sto facendo da 11 anni, e questo tipo di lavoro è diventato indispensabile per la sopravvivenza della specie e per le attività ad essa connesse, quindi il selezionatore di fattrici, anche se apparentemente come dici tu, da vita ad un apiario in rovina, deve lavorare fianco a fianco con l'allevatore di regine che da tali fattrici riproduce una discendenza più adeguata ai tempi ed alle patologie moderne. Se continueremo ad agire così da ora in poi, non solo potremo ridare all'ape la sua primordiale robustezza genetica, ma questa, espressa come resistenza alle varie patologie e parassitosi, potrà arrivare non al 100% delle discendenti, ma al 99% sicuramente si, si tratta soltanto di applicare anno dopo anno il metodo di selezione con rigore, capacità e perseveranza.
Il problema non è l'ape che può arrivare benissimo a manifestare le varie resistenze (il dubbio è tuo non è mio visto che posso dire di avere verificato il contrario), ma è il selezionatore, perché allo stato attuale esistono veramente troppe poche persone che conoscono le api in modo assai approfondito da permettergli di applicare un metodo di selezione efficace, a questo bisogna aggiungere anche la cultura adeguata per capire come si trasmettono i caratteri da una generazione all'altra e poi, e poi, e poi.... Tutte queste qualità devono essere riunite nello stesso individuo, che tra l'altro deve essere anche allenato a sudare tanto sia dal punto di vista mentale che fisico.
Non è un lavoro facile, lo posso dire perché l'ho provato e continuo a provarlo sulla mia pelle anno dopo anno, ma è la strada principale da percorrere per salvare le api, oltre ovviamente alla messa al bando di tutti i veleni che distruggono l'ambiente.
Vorrei inoltre dare un consiglio a tutti quelli che nutrono dubbi, che a quanto pare sono la maggioranza.
E' molto meglio agire che dubitare; il dubbio arresta l'azione, ma il lavoro compiuto con entusiasmo aiuta sempre a trovare nuove strade, io non trovo mai il tempo di criticare l'operato altrui se prima non ne verifico l'inesattezza, questo fa parte di un sano atteggiamento scientifico. In realtà sono troppo impegnato a pensare a quello che devo fare io per stare a guardare continuamente quello che fanno gli altri.
Saluti
Giuliano Stracci

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