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Restauro del Paesaggio Rurale

Il Laboratorio per il Paesaggio ed i Beni Culturali (CultLab) dell'Università di Firenze si è occupato di alcuni progetti di restauro del paesaggio rurale. Di seguito le pagine relative ai singoli progetti:

  1. Il restauro del paesaggio terrazzato di Punta Mesco (Parco delle Cinque Terre, Liguria)
  2. Il restauro del Bosco di San Francesco ad Assisi (Umbria)
  3. Il restauro dei terrazzamenti di Lamole (Greve in Chianti, Toscana)

Il restauro del paesaggio terrazzato di Punta Mesco (Parco delle Cinque Terre, Liguria)

Punta Mesco separa l'insenatura di Levanto da quella di Monterosso ed è uno dei più caratteristici e affascinanti paesaggi della Liguria.
In quest'area si trova "Case Lovara", ricevuto dal FAI - Fondo Ambiente Italiano in donazione nel 2009 e individuato come sito pilota per il recupero di un insediamento agricolo rurale all'interno di un Sito di Interesse Comunitario; l'area di intervento rientra inoltre all'interno del Parco Nazionale delle Cinque Terre. Il FAI ha già avviato una prima pulizia dell'area, primo passo verso la realizzazione del rifugio didattico e del punto sosta per le esigenze del turismo escursionistico, e grazie a due importanti convenzioni con il Laboratorio per il Paesaggio e i Beni Culturali (CultLab) dell'Università di Firenze, e con il Dipartimento di Scienze per l'Architettura - DSA dell'Università di Genova, intende conservare al meglio il paesaggio storico rurale, riprendere le tecniche colturali tradizionali, risistemare dal punto di vista morfologico il terreno e recuperare i manufatti, con particolare attenzione per i terrazzamenti.
La proprietà oggetto dell'intervento si estende per circa 45 ettari, e comprende tre fabbricati rurali, alcuni terrazzamenti in pietra a secco, un tempo coltivati con viti ed olivi ed oggi abbandonati e invasi da vegetazione. Il resto dell'area è interessato da macchia mediterranea e dalla presenza di pini marittimi, spesso colpiti da patogeni. Il progetto di recupero del FAI a Punta Mesco consiste in un programma ampio e complesso che prevede la riqualificazione delle aree naturali, il recupero degli ambiti agricoli ad oggi abbandonati e il restauro degli edifici, secondo un modello di fruizione dell'area sostenibile e innovativo. 
In questo contesto il CultLab ha curato e progettato il recupero delle coltivazioni terrazzate, in particolare del vigneto e dell'oliveto e il recupero degli stessi terrazzamenti in pietra a secco. Il progetto è partito con un'analisi multitemporale di tutto il comprensorio di Punta Mesco, per evidenziarne le caratteristiche identitarie e le trasformazioni cui è andato incontro il paesaggio rurale, oltre che con un'analisi dello stato di conservazione dei terrazzamenti e delle caratteristiche idrogeologiche della proprietà FAI. Per quanto riguarda i terrazzamenti, vista l'esigenza di utilizzare piccoli mezzi meccanici per le operazioni colturali, il progetto ha previsto la realizzazione di collegamenti tra un terrazzamento e l'altro, in modo da consentire il passaggio del mezzo, senza però modificare la disposizione originale dei terrazzamenti, che tranne alcuni crolli localizzati, non verranno ricostruiti, ma soltanto restaurati. Il vigneto sarà disposto a pergola, seguendo le modalità tradizionali del luogo di coltivazione della vite. Oltre al vigneto e all'oliveto è previsto un piccolo orto e alcuni alberi da frutto vicino alle case.
Il progetto ha previsto anche il recupero dei sentieri interni alla proprietà e l'apertura di nuovi sentieri per aumentarne la fruibilità. Per la parte forestale, è prevista la realizzazione di aperture lungo i sentieri e la piantumazione di Pino domestico al posto dei Pini marittimi, spesso morti o malati a causa dell'attacco di Matsococcus.

 
Confini dell'area FAI (in giallo) sul modello 3D realizzato tramite GIS del promontorio di Punta Mesco. Dietro il promontorio, a sinistra si vede l'abitato di Levanto, mentre a destra, sul mare si trova Monterosso.
Confini dell'area FAI (in giallo) sul modello 3D realizzato tramite GIS del promontorio di Punta Mesco. Dietro il promontorio, a sinistra si vede l'abitato di Levanto, mentre a destra, sul mare si trova Monterosso.
 
 
In alto una foto prima degli interventi, con gli edifici di "Case Lovara" al centro della proprietà, l'oliveto terrazzato a destra delle case e i terrazzamenti un tempo vitati sotto la casa e sulla sinistra; in basso un rendering del progetto, con il restauro dei terrazzamenti con l'olivo e la vite, il piccolo frutteto vicino alle case, e i pini domestici al posto dei pini marittimi morti visibili nella foto in alto.
In alto una foto prima degli interventi, con gli edifici di "Case Lovara" al centro della proprietà, l'oliveto terrazzato a destra delle case e i terrazzamenti un tempo vitati sotto la casa e sulla sinistra; in basso un rendering del progetto, con il restauro dei terrazzamenti con l'olivo e la vite, il piccolo frutteto vicino alle case, e i pini domestici al posto dei pini marittimi morti visibili nella foto in alto.

Il restauro del Bosco di San Francesco ad Assisi (Umbria)

l progetto di restauro paesaggistico ed ambientale del bosco di San Francesco, ad Assisi, progettato dal FAI e dal CultLab, si pone come uno dei primi esempi di recupero del paesaggio storico agro-silvo-pastorale italiano. Il bosco di San Francesco è un'area prevalentemente boscata in cui sono storicamente presenti le influenze di due importanti ordini religiosi: i Francescani ed i Benedettini. Attualmente il complesso forestale di San Francesco si estende su di una superficie di circa 70 ettari compresi nell'ultimo tratto della valle del fiume Tescio, su ripidi versanti situati sotto la Basilica di San Francesco e la Rocca Maggiore. La quota varia tra i 250 metri s.l.m. del fiume Tescio ed i 470 metri del versante occidentale di Col Caprile, al confine orientale di proprietà. Il primo tratto di bosco, delimitato da un alto muro di cinta, è di proprietà del Sacro Convento ed è denominato la "Selva di San Francesco". Il secondo tratto è di proprietà del FAI (Fondo Ambiente Italiano) ed è caratterizzato da soprassuoli forestali riconducibili a cedui invecchiati di carpino nero nella parte centrale della pendice e a cedui adulti-maturi di roverella con orniello e carpino nero lungo la pendice orientale.

 
 
 

Al fine di redigere un piano degli interventi di recupero paesaggistico è stato elaborato un quadro conoscitivo applicando la metodologia VASA (Approccio di Valutazione Storico Ambientale), che permette il confronto tra uno stesso paesaggio in epoche diverse, al fine di osservare le trasformazioni che hanno interessato una determinata area e di comprendere le caratteristiche identitarie del paesaggio tradizionale. Nel caso del Bosco di San Francesco, la metodologia VASA è stata applicata inizialmente su un'area di 304 ettari che include i 68 ettari proprietà del FAI e oggetto dell'intervento di restauro ambientale-paesaggistico. Grazie all'analisi multitemporale di una buffer zone intorno all'area di studio, è possibile avere una migliore visione delle trasformazioni che hanno coinvolto l'area di studio in relazione a quelle che, invece, hanno interessato il territorio circostante. L'analisi ha preso in considerazione tre date: il 1955 il 1988 e il 2010. In considerazione dei dati provenienti dal quadro conoscitivo sono state individuate delle unità fisionomico-paesaggistiche, su base storico-ambientale. Queste rappresentano le unità elementari in cui è stato suddiviso il paesaggio dell'area oggetto di studio, tenendo conto della morfologia del territorio, le caratteristiche vegetazionali e le dinamiche storiche. Per ogni unità fisionomico-paesaggistica, previa analisi della singola unità e di tutto il complesso del bosco di San Francesco, è stato individuato un indirizzo di gestione che tiene conto dell'utilizzo pregresso, della situazione attuale, della vocazione gestionale, della tutela del paesaggio storico e del rischio incendi. In particolare tra gli obiettivi colturali individuati si annoverano il recupero del pascolo arborato, del bosco da pascolo e delle colture promiscue, elementi caratteristici del paesaggio rurale storico locale.

 
 

Bosco di San Francesco - Prima e dopo i restauri

 
 
 

Il restauro dei terrazzamenti di Lamole (Greve in Chianti, Toscana)

Lamole, una frazione di Greve in Chianti, presenta un paesaggio caratterizzato da terrazzamenti su cui si coltivano vite e olivo. Il termine Lamole, deriva dal latino lamulae, cioè lingue di terreno, ripiani,  segno che la presenza di terrazzamenti è particolarmente antica. Questi luoghi sono da tempo noti per la produzione di vino di qualità, tanto che il Repetti parlava del "buon vino cotanto lodato".
Fino agli anni '60 del Novecento il paesaggio di Lamole era caratterizzato da colture promiscue su terrazzamenti, piccoli oliveti e consociazioni vite-olivo. Con la diffusione della coltura specializzata della vite negli anni '70, molti terrazzamenti furono eliminati per far posto a vigneti a rittochino, maggiormente meccanizzabili e meno onerosi. Con il passare degli anni però, ci si rese conto che la qualità del vino non era la stessa rispetto a quello di un tempo. Studi appositi arrivarono alla conclusione che il motivo era da ricercarsi proprio nella eliminazione dei terrazzamenti. In particolare, i filari dei moderni vigneti a rittochino erano disposti ortogonalmente rispetto a quelli sui terrazzamenti, e quindi ricevevano i raggi del sole in modo completamente diverso. Inoltre le pietre dei terrazzamenti accumulavano il calore durante il giorno, per poi cederlo la notte ai grappoli, favorendone una maturazione particolarmente adatta per la vinificazione. Infine, le opere di gestione idrica associate ai terrazzamenti, evitavano l'erosione superficiale tipica del rittochino.
Per questi motivi sono stati restaurati per opera di un produttore locale, circa 6 ettari di vecchi terrazzamenti, pari a 7 chilometri di muri restaurati o ricostruiti, su cui oggi si produce vino di alta qualità.