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Parere 7 maggio 2014 (n. aff. 1707/2012)
Revoca del contributo
Periodo di programmazione:
2000-2006
Misura del PSR coperta:
/
Parole chiave:
revoca contributo; forza maggiore
 
 
Sulla revoca del contributo concesso ai sensi del PSR regionale e sulla sua irrilevanza della forza maggiore.
Consiglio di Stato, Sez. II, parere reso nell'adunanza del 7.5.2014 (num. aff. 1707/2012 omissis c/ Regione Autonoma Valle d'Aosta).

Massima

Il ricorrente otteneva un contributo ed un mutuo a tasso agevolato ai sensi del PSR 2000-2006 della Regione Autonoma Valle d'Aosta e della legge regionale n. 43/1996. All'atto della presentazione della domanda, sottoscriveva l'impegno a mantenere l'estensione della propria azienda agricola per un periodo minimo di 15 anni dalla data di accertamento finale dei lavori.
In seguito ad un procedimento esecutivo immobiliare, il fabbricato oggetto dei lavori per cui le agevolazioni in questione erano state concesse, veniva trasferito a terzi.
Preso atto del parere della Commissione tecnica che accertava la violazione del vincolo aziendale, la Giunta regionale disponeva la revoca del contributo concesso ed il recupero delle somme già erogate.
Con il ricorso straordinario oggetto del presente parere, il ricorrente chiedeva l'annullamento del provvedimento di revoca deducendo i seguenti vizi: violazione di legge ed eccesso di potere per carenza di motivazione, illogicità manifesta e travisamento dei fatti.
In particolare il ricorrente si sofferma sulla involontarietà del trasferimento della proprietà del fabbricato e sull'applicabilità al caso di specie della legge regionale n. 32/2007 che escluderebbe la revocabilità del contributo in presenza di gravi e comprovati motivi.
Il Consiglio di Stato, con il parere in commento, ha respinto il ricorso soffermandosi sulla non riconducibilità dell'evento richiamato dal ricorrente tra le cause di forza maggiore.
Sostiene che "(...) nell'ambito della categoria della forza maggiore, definita quale vis cui resisti non potest e, che si sostanzia in un evento non prevedibile dall'agente o che, se previsto, non può essere impedito, non può in alcun modo ricondursi l'insorgenza di un debito ed il conseguente avvio della procedura esecutiva, conclusasi con l'alienazione del bene".

Nota

Nel caso posto all'attenzione della Seconda Sezione del Consiglio di Stato, era in discussione la disciplina applicabile al caso di specie. Il ricorrente riteneva che la sottoposizione dell'immobile oggetto di contributo alla procedura espropriativa integrasse quel grave e comprovato motivo che, sulla scorta dell'art. 73 della legge regionale n. 32/2007 escluderebbe la revocabilità del contributo.
L'amministrazione resistente, invece, specificava che la disciplina a supporto del provvedimento di revoca fosse la D.G.R. n. 1480/2005, vigente alla data in cui venne emesso il provvedimento concessorio.
Pertanto la disciplina richiamata nell'imporre il vincolo di destinazione faceva salvi i soli seguenti casi di forza maggiore: a) gravi motivi familiari; b) fatti o eventi eccezionali; c) esproprio per pubblica utilità; d) decesso del beneficiario.
La richiamata deliberazione ammetteva, quindi, l'inosservanza del vincolo di destinazione nei soli quattro casi espressamente individuati, considerati forza maggiore.
Il Consiglio di Stato limita l'analisi sulla fondatezza del ricorso alla riconducibilità tra le cause di forza maggiore dell'evento richiamato dal ricorrente e lo esclude.
Non ritiene, infatti, che la sottrazione forzosa del bene a fini esecutivi possa essere ricondotta in uno dei casi previsti dalla DGR, quanto meno nel caso di espropriazione per pubblica utilità.
Il concetto di forza maggiore - che non è concetto diverso dal caso fortuito, dal caso, dalla causa estranea non imputabile al debitore - è un concetto meramente negativo, poiché con esso si esprime soltanto una negazione della colpa e si afferma che il campo proprio della forza maggiore incomincia là dove la colpa finisce: l'effetto della forza maggiore è quello di escludere la responsabilità del debitore. Se rende impossibile in tutto la prestazione dovuta, estingue l'obbligazione liberando in tutto il debitore; se la rende impossibile solo in parte, l'obbligazione non sussiste che per il rimanente; se per forza maggiore la cosa dovuta (purché certa e determinata) perisce, il debitore nulla più deve: se semplicemente si deteriora, il debitore si libera rimettendola nello stato in cui viene a trovarsi al tempo della consegna (art. 1247 c.c.). Nelle obbligazioni generiche la forza maggiore non può mai liberare il debitore. Il debitore è tenuto a provare la forza maggiore che allega (art. 1298). L'efficacia liberatoria della forza maggiore è eliminata: a) dalla volontà delle parti contraenti, quando alcuna di esse si assuma di sopportare le conseguenze della forza maggiore: il patto è lecito, tranne in pochi casi, come, ad es., in quello contemplato dall'art. 1677 c.c.; b) dalla colpa o mora del debitore (art. 1247 c.c.). Il debitore, anche moroso, non è tenuto a riconsegnare la cosa quando riesca a provare che la cosa sarebbe ugualmente perita presso il creditore ove gli fosse stata consegnata; c) da esplicita disposizione di legge la quale sposta talvolta le conseguenze della forza maggiore in vista di taluni interessi meritevoli di protezione speciale (articoli 1691 e 1811 c.c.).
La giurisprudenza maggioritaria ritiene che la normativa vigente in tema di concessione e revoca dei contributi non contempla la forza maggiore come causa giustificativa del mancato rispetto degli impegni" (Cons. St., Sez. III, parere 10 giugno 2008, n. 4207).