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18/04/2012

Province, tra semplificazione e sostenibilità. L'indagine Ministero-INEA-OCSE aiuta a indirizzare le scelte

La cancellazione delle province non è più in discussione. Saranno enti costituzionalmente garantiti, tuttavia il disegno di legge attuativo approvato dal Governo Monti, nelle more dei ricorsi presentati alla Corte, prevede importanti cambiamenti. Infatti,  l'art. 23 del  decreto legge n. 201/2011 (convertito con la legge 214 del 2011)  opera una profonda e radicale riforma su due aspetti fondamentali dell'organizzazione delle province: il ruolo e le funzioni. Si tratta di una riforma che, allo stato attuale, è più un progetto che una realtà in atto, perché per diventare operativa richiede l'emanazione di apposite leggi dello Stato e delle Regioni, emanazione che dovrà avvenire entro la fine del 2012.

Per quanto riguarda la revisione del ruolo politico delle province e, in particolare, la loro natura come enti elettivi, il progetto contenuto nel decreto legge 201 è quello di creare un ente di secondo livello, vale a dire un ente i cui gli organi di governo, a differenza di quello che è finora avvenuto, non sono più eletti direttamente dai cittadini ma dai comuni, che restano enti di primo livello, eletti direttamente dai cittadini. Inoltre, nel caso delle province i cui organi scadono nel 2012 si prevede, sulla base del comma 20 dello stesso articolo 23 che, non potendo procedere con le elezioni amministrative, siano commissariate fino al 31 marzo 2013. In relazione alle funzioni, di cui si sta occupando la Commissione Affari Costituzionali del Senato, è previsto di garantire quelle di indirizzo e coordinamento, compresa la gestione del territorio, la tutela ambientale e lo sviluppo economico, mentre dovrebbero passare ai comuni le funzioni socio-culturali e il turismo.
Questa disposizione rimette ovviamente in discussione il ruolo politico delle province, ma non è  altrettanto chiaro verso quale modello di governance si voglia andare. In prospettiva, si aprono due tipi di questioni:
a)      quale indirizzo  si voglia dare all'identità territoriale  delle province come soggetto intermedio e anello di collegamento tra regione e comune;
b)      come si intende gestire la transizione dal modello attuale a quello futuro, considerando che in molte province il ruolo di coordinamento è stato acquisito nel tempo con un lavoro di concertazione con tutti gli enti del territorio e che una transizione lunga e incerta rischia di svuotare le province di quelle competenze e di quel capitale umano che si è faticosamente creato.
Cambiamenti istituzionali che destano, quindi, aspettative e preoccupazioni, richiedendo di fare scelte rapide per  garantire sostenibilità economica, ma anche sociale. A tal proposito, infatti, emerge come il clima di confusione stia determinando la  perdita di valide professionalità, costrette a migrare presso altri enti, attraverso quella che dai dipendenti stessi è definita come "campagna acquisti tra enti pubblici". Ci sono rischi per le  risorse umane, quindi, oltreché economiche e per non restare legati al passato è necessario definire le strategie da attuare nel breve periodo. 
 
In questo contesto  l'indagine congiunta Mipaaf-Inea-OCSE assume  significativa importanza sia perché si svolge in contemporanea con il processo di revisione istituzionale, sia perché entra nel merito delle attività e della capacità di programmazione e concertazione delle province, mettendo a  disposizione dei decisori politici  risultati utili per capire meglio la realtà e per prendere decisioni adeguate. Inoltre si rendono fruibili all'opinione pubblica informazioni  su un livello di governo, spesso  valutato solo sulla base di indagini giornalistiche.
In questo senso particolarmente importanti risultano le indagini di campo in corso  presso le sei province campione (Grosseto, Ancona, Parma, Belluno, Benevento, Catania) realizzate anche con l'ausilio di un questionario di rilevazione dati, utile sia per ricostruire il profilo socio-economico della provincia, incluse le informazioni sui bilanci, sia  per identificare le priorità dei programmi, valutando dal punto di vista qualitativo la capacità progettuale e strategica delle singole province e l'impatto delle modifiche legislative,  rispetto al  ruolo di sostegno allo sviluppo da esse svolto.