Domenica scorsa, a Durban (Sud Africa), con quasi un giorno e mezzo di ritardo rispetto al previsto, si è chiusa la 17 COP (Conference of The Parties) della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC). Dopo tredici giorni di intense trattative, le Parti hanno raggiunto un'intesa su come procedere allo scadere del Protocollo di Kyoto (dicembre 2012) per evitare che il riscaldamento globale, nei prossimi decenni, superi i 2°C.
La situazione internazionale
Dal 2013 al 2017/2020 (il periodo è ancora in discussione), sarà in vigore la seconda fase di applicazione del protocollo di Kyoto, detta anche "Kyoto2" che proseguirà l'attuazione degli impegni di riduzione dei gas serra che i Paesi firmatari, nel 1997, avevano preso per il periodo 2008-2012. Il periodo del "post Kyoto", che coinvolge la UE ed una parte dei paesi industrializzati ad esclusione di Canada, Giappone e Russia, viene visto come un periodo di transizione che porterà alla firma di un "accordo globale vincolante" che coinvolgerà, appunto, tutte le Parti della Convenzione. Alla definizione di tale accordo, la cui forma giuridica è ancora da definire (un nuovo protocollo? Una soluzione concertata avente forza di legge? Uno strumento legale?), vi lavorerà un gruppo di esperti che dovrà presentare il testo del documento entro il 2015, per far sì che le misure in esso contenute vengano attivate già dal 2020. Scopo dell'accordo, sotto l'egida della neo-istituita "Piattaforma di Durban", è di incrementare ulteriormente gli sforzi per la riduzione delle emissioni di gas climalteranti.
Come spesso accade nelle trattative, alcune Parti lasciano soddisfatte il tavolo dei negoziati, mentre altre, tornano a casa con la sensazione che ancora non sia stia agendo in tempo debito per affrontare il problema. Se da una parte infatti c'è soddisfazione per il fatto che gli USA abbiano accettato il futuro "accordo globale con forza legale" e per il rilancio di cui beneficeranno le tecnologie verdi che assicureranno, contemporaneamente, crescita economica e riduzione dei gas serra, dall'altra c'è la preoccupazione dell'Alleanza dei Piccoli Stati Insulari (Aosis), condivisa dagli ambientalisti, che gli impegni stabiliti non siano adeguati, per efficacia e/o tempistica, a mantenere l'aumento della temperatura media globale al di sotto dei 2°C. Si stima infatti che l'aumento della temperatura possa essere di 4°C, anziché di 2 come raccomandato dagli scienziati per evitare cambiamenti climatici di portata catastrofica.
Altro aspetto della conferenza che ha lasciato dei dubbi irrisolti è il "Fondo verde per il clima", il fondo cioè che fino al 2020 dovrebbe garantire ai paesi più poveri, 100 miliardi di dollari/anno per far fronte ai danni derivanti dai cambiamenti climatici e per sviluppare le tecnologie verdi. Di questo fondo infatti, che verrà gestito dalla Nazioni Unite, ancora non è stata individuata la fonte del finanziamento.
La situazione italiana
Il ministro dell'Ambiente Corrado Clini si è dichiarato favorevole ad una rapida approvazione delle direttive europee sull'efficienza e sulla fiscalità energetica per incentivare le tecnologie "low carbon" ed ha affermato che entro il 15 gennaio, presenterà al Cipe la revisione del piano nazionale per la riduzione delle emissioni di gas serra e per lo sviluppo sostenibile. In questo modo, l'Italia potrà contribuire alla mitigazione dei cambiamenti climatici e, contemporaneamente, a rilanciare l'economia italiana facendo leva sulle energie rinnovabili che, oltretutto, renderanno il nostro Paese più indipendente dall'approvvigionamento energetico estero.
Il ministro ha evidenziato anche la grande opportunità che gli accordi di Durban offrono all'Italia per costituire una piattaforma con i paesi emergenti, quali Sud Africa, India, Cina, Messico e Brasile, per sviluppare e diffondere tecnologie e sistemi che assicurino crescita economica e riduzione delle emissioni.
In conclusione
Sebbene gli accordi di Durban non abbiano soddisfatto pienamente tutte le Parti nei molteplici aspetti da dover considerare per la lotta ai cambiamenti climatici, senza dubbio hanno costituito un buon compromesso su cui lavorare nel prossimo periodo e, cosa più importante, hanno scongiurato lo "spettro del fallimento" che incombeva sui tavoli internazionali in seguito alla posizione di stallo in cui vertevano da tempo le trattative del protocollo Kyoto.
Ulteriori informazioni, oltre quelle riportate nel seguente resoconto, sono disponibili sul sito del Ministero dell'Ambiente collegandosi al link sottostante.