"Se le api scomparissero dalla faccia del pianeta alla specie umana non resterebbero che quattro anni di vita". Con queste parole il grande fisico Albert Einstein poneva l'accento sul fondamentale ruolo ecologico svolto dalle miliardi di api sparse nei cinque continenti e difficilmente si può dargli torto. Senza più api non ci sarebbe più l'impollinazione senza la quale scomparirebbero prima le piante, poi gli animali ad esse legate e infine l'uomo.
Negli ultimi anni si è assistito a un allarmante declino delle popolazioni di api, che in alcune aree degli Stati Uniti e dell'Europa, ha raggiunto picchi dell'80 per cento. La moria di api rappresenta un grave rischio per la biodiversità vegetale oltre che per la salute e l'alimentazione umana che dipende, per oltre un terzo, da coltivazioni impollinate proprio dagli insetti pronubi - mangiatori di polline - di cui quattro su cinque sono proprio api. Le api nutrendosi su alberi e fiori trattati con i pesticidi largamente utilizzati in agricoltura, subiscono pesanti alterazioni al proprio equilibrio neurofisiologico: perdono l'orientamento, non riescono a tornare all'alveare, non producono più il miele e infine stordite muoiono.
Il loro declino rappresenta una grave minaccia per gli ecosistemi rurali e per la salute delle campagne: prodotti come mele, pere, mandorle, agrumi, pesche, kiwi, castagne, ciliegie, albicocche, susine, meloni, cocomeri, pomodori, zucchine, soia, girasole e colza, dipendono completamente o in parte dal lavoro delle api, per la produzione dei frutti.