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GLI INDICATORI- scegli un indicatore
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Gli indicatori del sistema agricolo
Gli indicatori del sistema fisico - ambientale
Le diverse tipologie di svantaggio
Marginalità (definizione estensiva e restrittiva)
Confronto tra aree svantaggiate "Atlante" e aree svantaggiate ex direttiva CEE 268/75
Confronto tra aree svantaggiate "Atlante" ed indicatori di performance (reddito diponibile pro-capite al 2006)
Confronto tra aree svantaggiate "Atlante" ed indicatori di performance (variazione demografica 2001 - 2008)
 

 


LA GEOGRAFIA DELLO SVANTAGGIO NELLA REGIONE LAZIO

Il Lazio rappresenta una delle regioni più importanti sotto il profilo economico, essendo sede della capitale nazionale, che ne fa un centro del settore terziario di rango europeo. Le imprese di intermediazione finanziaria recitano la parte del leone per quanto riguarda l’incidenza sulla formazione del Pil regionale, ben il 33,2% del Pil deriva da queste imprese, un dato che in Italia è il primo assoluto. Le imprese artigianali fanno registrare una quota di valore aggiunto (5,6%) che è di gran lunga la più bassa del Paese. Il quadro economico della regione parla di dinamiche crescenti fino al 2007, l’ultimo anno pre-crisi, con valore aggiunto crescente nell’industria e nei servizi, in special modo il commercio e le attività del terziario avanzato. Il comparto agricolo è l’unico che ha visto ridursi il suo peso specifico nel nuovo millennio, con una diminuzione del valore aggiunto rispetto al picco del 2004, anche se in tempi più recenti sembrano esserci lievi segnali di ripresa.
Il decennio appena concluso ha, nel complesso, accresciuto l’importanza ed il peso economico della regione a livello nazionale, ma il ruolo marginale dell’industria e la preminenza dell’intermediazione finanziaria nell’economia regionale pongono alcuni interrogativi sulla tenuta, soprattutto in relazione all’esplosione della recessione economica di fine 2008.

Nel 2008 il Lazio si trova al quinto posto della graduatoria regionale per PIL pro capite, con un valore per abitante superiore non solo alle medie nazionali, ma anche rispetto ai valori della macro regione di riferimento, l’Italia Centrale. Il PIL globale, nello stesso anno, è pari a 171.300 milioni di euro: nella graduatoria regionale sale al secondo posto grazie alla combinazione di PIL pro capite abbastanza elevato e le dimensioni della popolazione residente, ed è preceduta solamente dalla Lombardia.
La crescita in termini reali del PIL nell’ultimo decennio mostra una regione piuttosto dinamica, con una crescita 1998-2008 del 16,3% del PIL con anno di riferimento il 2000, anche se nel 2007-2008 tale grandezza è diminuita, causa la recessione generalizzata. Il dato della crescita è superiore al dato nazionale e in linea con l’evoluzione dell’Italia Centrale.
In questo contesto l’agricoltura si è distinta per le dinamiche temporali rispetto agli altri comparti: si è verificato un picco di crescita del valore aggiunto agricolo nel 1999-2000 e successivamente nel 2004, e nel mezzo ci sono stati periodi in cui il valore aggiunto agricolo è diminuito. L’andamento dell’agricoltura laziale ha rispecchiato abbastanza fedelmente le dinamiche del dato nazionale.

A livello nazionale l’agricoltura ha tenuto le posizioni nell’arco del decennio, e lo stesso si può affermare per il Lazio, che ha avuto maggiore costanza e continuità rispetto alle oscillazioni dell’Italia Centrale
Il settore nell’ultimo decennio ha subito un’ulteriore contrazione occupazionale, passando da 59.800 occupati del 1998 a 47.900 nel 2008, e questa contrazione sembra essere andata di pari passo con la contrazione del valore aggiunto prodotto, quindi apparentemente non ci sono state modifiche sostanziali dal punto di vista della produttività del lavoro agricolo. Detta contrazione è generalizzata a livello nazionale, non è solo una peculiarità della regione oggetto d’indagine, e l’abbandono delle coltivazioni è una problematica nazionale dovuta alla concorrenza estera, a problemi di ricambio generazionale e altri fattori.
La stesse considerazioni valgono per il peso occupazionale del settore, pari all’1,9% degli occupati nel 2008 contro una media nazionale del 3,9%. Il (già ridotto) peso in termini di valore aggiunto dell’agricoltura a livello regionale nel decennio ha subito una ulteriore diminuzione, passando dall’1,5% all’1,1%, anche se è giusto puntualizzare che tale dinamica è il risultato di due forze, per cui le difficoltà del settore agricolo si sommano ad contesto economico contraddistinto da una grande crescita.
Analizzando i dati delle produzioni dalla contabilità territoriale sono avvenuti alcuni cambiamenti di una certa importanza nel periodo osservato: tutte le produzioni cereali sono diminuite rispetto al 1997, soprattutto granoturco e frumento tenero. Nelle ortive le superfici sono state riorganizzate, alcune coltivazioni che negli anni ’90 erano molto diffuse come pomodori, cocomeri e peperoni hanno lasciato spazio ad altri ortaggi come carote, carciofi, lattuga. Tra le produzioni ad elevato valore aggiunto la produzione di uva da vino è diminuita del 10%, il vino del 55% (rispetto al 1997), e anche la produzione di olio è scesa del 26% nel decennio esaminato.

L’allevamento nel 1997 consisteva sostanzialmente di bovini, suini, e pollame; i dati più recenti ci dicono che le produzioni avicole hanno mantenuto intatti i volumi prodotti, i suini sono cresciuti del 18% mentre c’è stata una contrazione del comparto bovino nell’ordine del 15%.

Particolare interesse riveste quindi in un simile contesto economico sia il tema delle aree svantaggiate che quello di una progressiva ridefinizione dei termini con cui questo stesso tema si presenta nello scenario regionale.
In termini quantitativi la presenza di condizioni di svantaggio nel contesto regionale laziale è riscontrabile in una quota rilevante del territorio:
• 53 comuni – se si adotta la definizione più “restrittiva” di aree svantaggiate che abbiamo proposto, localizzati per la maggior parte nel territorio delle province di Rieti e Frosinone, che occupano il 15% del territorio ed ospitano appena l’1% della popolazione regionale;
• 109 comuni – se viceversa si adotta la più “estensiva” delle definizioni proposte – che ampliano la superficie interessata sino al 27% del territorio complessivo regionale ospitando una quota abbastanza limitata della popolazione regionale del Lazio (5%).


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