L'evoluzione dei sistemi agricoli associata alla grande varietà delle condizioni ambientali ha inciso fortemente sulla struttura del paesaggio agrario creando habitat specifici per un grande numero di specie (vegetali e animali): attribuendo così all'attività agricola un ruolo di primo piano nella conservazione della biodiversità.
Le aree agricole potenzialmente ad alto valore naturale vengono individuate tra quelle aree dove "l'agricoltura rappresenta l'uso del suolo principale, (normalmente quello prevalente), e l'agricoltura mantiene, o è associata alla presenza di un'elevata numerosità di specie e di habitat, e/o di particolari specie di interesse comunitario, nazionale o locale".
Queste aree costituiscono "punti sensibili" per la conservazione della biodiversità, e sono caratterizzate da: 1) elevata presenza di vegetazione semi-naturale, come prati permanenti e pascoli o elementi naturali, quali siepi, alberi maturi, boschetti, ecc.; 2) agricoltura poco intensiva; 3) diversità di copertura del suolo.
Secondo alcune stime basate su parametri geografici ed ecologici, in Italia queste aree comprendono almeno 6 milioni di ettari, una quota rilevante quindi, dell'intera superficie agricola nazionale. E si concentrano soprattutto nelle regioni centro-meridionali e lungo le dorsali degli Appennini e delle Alpi che rivestono un ruolo fondamentale come corridoi ecologici.
Per l'importanza di queste aree ai fini del raggiungimento degli obiettivi ambientali della politica di sviluppo rurale il Quadro Comune di Monitoraggio e Valutazione (QCM&V) le include in tre indicatori:
Linee guida della Commisione Europea sulle AVN
Le linee guida sono state predisposte per aiutare gli Stati membri nell'implementazione degli indicatori relativi alle aree ANV previsti dal Quadro comune di monitoraggio e valutazione, con particolare riferimento all'indicatore di impatto n.5. Il documento illustra le 4 fasi necessarie per pervenire alla stima dell'indicatore, fornendo indicazione sulle possibili tipologie di dati utilizzabili.