In Appennino la politica forestale pubblica del secolo scorso si è focalizzata soprattutto sul recupero di territori montani privi di vegetazione o in stato di degrado. L'attività selvicolturale si è concentrata in particolare sul rimboschimento delle pendici. La specie maggiormente impiegata è stata il pino nero, albero con caratteristiche ecologiche adatte alla colonizzazione dei terreni montani. Il fenomeno è stato massiccio ed è avvenuto in tempi rapidi. La superficie relativa ai boschi di pino nero dell'Appennino centro settentrionale (dalla Liguria all'Abruzzo) è oggi pari a circa 8.750 ha. Di questi attualmente il 5% sono nello stadio evolutivo di perticaia, il 54% di giovane fustaia, il 42% di fustaia matura (INFC 2005). Le pinete appenniniche sono generalmente monospecifiche e monoplane. Negli ultimi anni c'è stata una vivace discussione sul ruolo delle pinete e sulla loro destinazione futura. Alla luce delle attuali conoscenze sul trattamento selvicolturale e del mercato del legno di pino, delle problematiche relative all'assetto della proprietà, della varietà delle leggi e regolamenti regionali, dei servizi ecosistemici complementari la produzione, si discuterà sui possibili scenari gestionali futuri dei boschi artificiali di pino nero.