La vacca da latte produce, come conseguenza del suo metabolismo, una notevole quantità di calore, pertanto è evidente come l'esposizione alle elevate temperature rappresenti la condizione climaticamente più critica per le performance produttive e del benessere della bovina.
Quanto le temperature ambientali superano i limiti inferiore o superiore della zona di comfort termico, le bovine sono costrette a mettere in atto tutta una serie di meccanismi fisiologici per contrastare l'innalzamento della temperatura corporea (ipertermia) oppure l'abbassamento della temperatura corporea (ipotermia).
Se le condizioni di stress termico perdurano il processo fisiologico della termoregolazione può non essere sufficiente a contrastare questa situazione di disagio. L'animale reagisce con adattamenti comportamentali, in particolare aumenta il consumo di acqua (per compensare la perdita di liquidi e sali minerali) e riduce la quantità di cibo ingerito. La ridotta ingestione è la principale causa del calo produttivo, quanti qualitativo, proprio dei periodi caldi.
Il calo produttivo risulta essere più marcato in animali con elevato valore genetico. I programmi di selezione genetica nei confronti di caratteri produttivi hanno determinato una maggiore sensibilità nei confronti delle elevate temperature, in quanto il carattere "produzione di latte" è correlato positivamente con l'assunzione di cibo e conseguentemente con la produzione di calore metabolico.
In situazione di stress termico per caldo eccessivo l'organismo si difende attraverso tre meccanismi: vasodilatazione, respirazione e sudorazione.
La vasodilatazione consente un maggior flusso di sangue nelle zone periferiche del corpo, facilitando la dissipazione del calore e dunque il raffreddamento (calore sensibile).
L'aumento della frequenza degli atti respiratori (polipnea) in presenza di elevate temperature è finalizzato all'aumento dell'evaporazione polmonare che permette il raffreddamento del cavo orale e la disperdere del calore in eccesso attraverso l'aria respirata.
Infine, la sudorazione sottrae calore all'interno del corpo e lo porta sulla superficie cutanea, dove l'evaporazione elimina il calore dal corpo, raffreddandolo. Questi due ultimi meccanismi di termoregolazione riducono la loro efficacia in condizioni di elevata umidità ambientale.
Oltre alla temperatura, altri parametri ambientali quali umidità relativa, radiazione solare e ventosità contribuiscono a delimitare la zona di termoneutralità. Il range di temperature che delimita la zona di confort termico è specifico per ciascuna specie e all'interno della stessa varia in funzione dell'età, dello stato fisiologico e delle condizioni di salute.
Il livello di umidità relativa dell'aria influisce direttamente sulle capacità di termoregolazione dell'animale. L'elevata umidità, in presenza di basse temperature, contribuisce ad aumentare le perdite di calore corporeo aumentando il disagio del freddo. In condizioni di caldo umido la capacità di evitare l'innalzamento della temperatura corporea dell'animale è compromessa perché è più difficile eliminare il calore con la sudorazione in quanto l'aria che circonda il corpo dell'animale è già satura di acqua.
La radiazione solare è trasmessa a mezzo di onde elettromagnetiche a diverse lunghezze d'onda che determinano la frequenza delle onde termiche. Non appena la temperatura di un corpo radiante si alza, aumenta il valore della lunghezza d'onda della radiazione emessa e quindi il calore trasmesso.
La ventilazione è un fattore climatico e/o microclimatico (per microclimatico si intende le condizioni presenti all'interno delle stalle) molto importante nella regolazione della temperatura corporea degli animali. Il vento che lambisce il corpo degli animali permette di allontanare l'aria molto umida (per via della sudorazione) a contatto con esso, consentendo un aumento delle perdite di calore per convezione. Questo meccanismo spiega la piacevole sensazione di refrigerio data dall'azione della ventilazione naturale, e di quella forzata generata dai ventilatori. Di contro, in condizioni di clima freddo, la presenza di vento incrementa le difficoltà dell'animale ad evitare l'abbassamento della temperatura corporea (ipotermia).
Lo stress da caldo genera una risposta adattativa dell'animale che è più o meno efficace a seconda dell'intensità e delle condizioni di stress. In generale si può affermare che l'esposizione alle elevate temperature per periodi prolungati provoca un peggioramento dello stato fisiologico dell'animale.
Gli effetti negativi da stress da caldo nella bovina da latte riguardano gli aspetti sanitari e in particolare l'immunodepressione, l'aumentata suscettibilità nei confronti di patologie quali: laminiti, mastiti, metriti, prolasso utero, la disfunzioni metaboliche quali acidosi, dislocazione dell'abomaso, fino a morte dell'animale in situazione di stress da caldo elevato e prolungato. Per quanto riguarda gli aspetti produttivi si ha un calo della quantità di latte prodotto e il peggioramento della qualità del latte (calo di grasso, proteine e aumento delle cellule somatiche). Anche dal punto di vista riproduttivo si hanno conseguenze come l'aumento calori silenti e dell'intervallo interparto e una diminuzione del tasso di concepimento.
E' importante sottolineare come gli effetti negativi dello stress da caldo non si arrestano allo scomparire delle cause (elevate temperature), ma possono permanere per periodi più o meno lunghi.