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Parere 16 gennaio 2013 (n. aff. 3935/2011)
Agro ambiente
Periodo di programmazione:
2007-2013
Misura del PSR coperta:
214 - Misura agro ambientale
Parole chiave:
revoca contributo; art. 7 legge n. 241/90; comunicazione avvio procedimento
 
 
Sulla illegittimità del provvedimento per violazione dell'art. 7, legge n. 241/1990.
Consiglio di Stato, Sez. II, parere reso nell'adunanza del 16.1.2013 (n. aff. 3935/2011 omissis contro la Provincia di Avellino).

Massima

Con il provvedimento impugnato, l'Amministrazione aveva comunicato la revoca del provvedimento di concessione dell'aiuto previsto dal PSR 2007-2013 - Misura agro ambientale.
Il consiglio di Stato ha accolto il ricorso ritenendo il provvedimento provinciale di revoca e contestuale richiesta di restituzione delle somme già percepite ai sensi delle misure agro ambientali e dell'indennità compensativa, emesso in violazione dell'art. 7, legge n. 241/1990, in quanto l'amministrazione non ha evidenziato ragioni di celerità idonee a giustificare l'adozione del provvedimento in violazione delle richiamate norme sul procedimento amministrativo.

Nota

La preventiva comunicazione di avvio del procedimento prevista dall'art. 7, legge n. 241/1990, rappresenta un principio generale dell'agere amministrativo, soprattutto quando si tratta di casi di autotutela a mezzo revoca o annullamento di precedenti atti amministrativi favorevoli.
Il capo III della legge 7 agosto 1990, n. 241, intitolato "partecipazione al procedimento amministrativo", si apre con l'art. 7 che disciplina la "comunicazione di avvio". Ciò vuol dire che il primo atto del procedimento è proprio l'obbligo dell'Amministrazione procedente di comunicare l'avvio del procedimento ai soggetti privati che potrebbero risentire in maniera diretta degli effetti del provvedimento conclusivo, così da assicurare al privato la sua partecipazione fin dal primo momento, cioè fin dall'avvio dell'iter procedimentale, affinché possa tutelare le proprie ragioni e contribuire all'esercizio del potere amministrativo.
L'art. 7 citato, esclude la sussistenza dell'obbligo in questione in capo all'ente procedente, in due casi: quando ricorrono ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento e quando la Pubblica Amministrazione voglia procedere all'adozione di provvedimenti cautelari in epoca anteriore all'adempimento dell'obbligo di comunicazione su di essa gravante. Si tratta di due ipotesi derogatorie profondamente diverse tra loro: la prima, riguardando l'adozione di provvedimenti definitivi, cagiona la totale assenza della comunicazione di avvio; al contrario, la seconda, riguardando provvedimenti aventi carattere interinale, obbliga comunque la Pubblica Amministrazione alla comunicazione, benché successivamente all'adozione degli stessi.
Secondo la dottrina e la giurisprudenza prevalenti, la comunicazione di avvio del procedimento svolge due importanti funzioni: consente al privato di tutelare le proprie ragioni (c.d. partecipazione contraddittorio o in "chiave difensiva") e di "collaborare" con la P.A., atteso che essa, nella cura concreta dell'interesse pubblico, potrà avvalersi, in aggiunta alle proprie "conoscenze", delle testimonianze e produzioni provenienti da privati o da altri soggetti pubblici (c.d. partecipazione collaborazione).
E', altresì, per il duplice ruolo svolto dall'istituto in questione che la giurisprudenza amministrativa ha ulteriormente accresciuto il rilievo legislativo attribuito all'obbligo di comunicazione di avvio del procedimento, ritenendo che la sua omissione costituisca una violazione c.d. assorbente, nel senso che la censura di omessa comunicazione avanzata dalla parte ricorrente prevale rispetto a tutte le altre, impedendo così al giudice l'esame delle altre ragioni di gravame.
È a tale giurisprudenza che aderisce il Consiglio di Stato nel parere in commento ritenendo appunto assorbente la censura con un intervento valorizzatore dell'istituto della partecipazione procedimentale, come quello appena descritto.